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2.3 La Resistenza – Decreto contro i traditori fascisti

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Un documento datato, con nota manoscritta, all’inverno del 1945, testimonia l’emanazione di un decreto da parte delle Brigate e dei Distaccamenti Garibaldi contro «l’occupante tedesco e i suoi alleati fascisti». Questo documento era stato presentato al Governo del Comitato di Liberazione Nazionale come un segnale di attestazione della volontà partigiana di eliminare dall’Italia qualsiasi residuo nazista e fascista.

Vengono identificati come traditori della patria «gli appartenenti al Partito Fascista Repubblicano, alla Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale del cosiddetto Governo Fascista Repubblicano o a qualsiasi altra organizzazione» e i collaboratori in campo militare, economico e amministrativo con i nazisti e i fascisti, per i quali viene proposta la condanna a morte. Una deroga è concessa solo per chi, ad esempio, trovandosi costretto a ricoprire una delle cariche suddette, abbia comunque operato in “aiuto” dei partigiani mediante azioni di sabotaggio contro il nemico.

Nell’ultimo articolo del decreto viene stabilito che i crimini elencati sono di competenza dei tribunali del popolo nei territori già liberati dai tedeschi; mentre, nei territori ancora sotto l’occupazione nazi-fascista, le forze armate patriottiche e i partigiani devono provvedere «alla soppressione dei nemici della patria, alla distruzione dei loro beni che non si possono sequestrare e mettere a disposizione della guerra partigiana».