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Le solitarie (1917)

Il 1917 è l’anno che segna una fondamentale svolta nella produzione di Ada Negri: viene dato alle stampe il suo primo volume di prose. Già nei decenni prima l’autrice aveva pubblicato parte di questi testi su vari giornali e periodici di rilievo.

Lo sperimentalismo rivolto al genere novellistico nasce dall’esigenza di delineare, attraverso la complessità e la dinamicità dei personaggi costruiti, elementi propriamente tipici della propria personale biografia.

L’opera, nella lettera dedicatoria premessa dall’autrice, viene definita «libro di penombra» per il grigiore delle figure ritratte, differenti per condizioni economiche, sociali e per età, ma «accomunate dalla struggente consapevolezza della solitudine e del rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere la loro vita»[1]

Protagoniste dei vari racconti sono donne, che siano operaie, impiegate, borghesi, nobildonne, ricche, povere, il nucleo narrativo è costruito intorno alla loro complessità: alle ribellioni, alle passioni e alle debolezze tipicamente femminili. Ai margini, menzionati solo in quanto artefici delle ingiustizie e sventure a cui le donne sono sottoposte, compaiono i personaggi maschili.

La pubblicazione di questa opera cela un aneddoto: con i proventi derivati dalle vendite del volume Ada Negri acquista una casa a Milano (in via della Guastalla 3) dove si trasferisce nell’ottobre del 1917 con la madre e la figlia. Proprio in questo periodo si innamora di un costruttore edile che muore di influenza spagnola nella primavera seguente.

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  1. P. Sarzana, La vita risolta in un grido in Ada Negri. Prose e poesie, Mondadori, 2020, p. XVIII.